ECOPOESIE - Collezione I
ECOPOESIE - COLLEZIONE I
Introduzione
Nell'ultimo scorcio del Novecento il mondo della poesia ha assistito all'affermarsi di un nuovo e oramai indispensabile genere: l'Ecopoesia. Esso, come si può dedurre dal suo prefisso, si è sviluppato e ha trovato la sua ragione fondante nelle tematiche legate alla salvaguardia dell'ambiente. Sorta inizialmente nei paesi anglofoni, l'Ecopoesia è arrivata in Italia grazie alla poetessa Maria Ivana Trevisani, che nel 2005 ne ha redatto il Manifesto di Ecopoesia Italiana.
In un momento di crisi ecologica come quella odierna, il collettivo Poetaretusei432 non poteva non sostenere, appunto, il processo di sensibilizzazione che si sviluppa intorno alle tematiche legate all'inquinamento, alla deforestazione, al riscaldamento globale, all'estinzione delle specie animali e via dicendo. E per farlo ha deciso di pubblicare tra le pagine del suo blog una serie di Collezioni di Ecopoesie composte da autori vari che affrontano il dibattito da diversi punti d'osservazione: da quello della protesta e della denuncia contro le deturpazioni ambientali a quello dell'omaggio alla bellezza dei simboli della natura, etc. etc.
L'obiettivo delle Collezioni consiste nel voler sottolineare e ricordare che la Terra ha 'consegnato' agli scienziati un disperato ultimatum col quale ci chiede di adottare comportamenti individuali e collettivi sempre più (eco)sostenibili e misure ancora più stringenti alle attività inquinanti.
Occorre dire, infine, che le Collezioni si sono potute realizzare grazie alla disponibilità di un gruppo di poetesse e di poeti che generosamente ha riempito di poesia la nostra casella di posta, rispondendo con un sonoro "Sì" al nostro appello. Il collettivo Poetaretusei432 li ringrazia vivamente.
A questa prima Collezione hanno partecipato: Maria Ivana Trevisani, Maria Grazia Calandrone, Massimo D'Arcangelo, Salvatore Randazzo, Maria Lucia Riccioli, Elisabetta Tagliamonte, Salvatore Solarino, Raimondo Raimondi, Francesco Di Franco, Pamela Nicolosi e Bruno Rullo.
Salvatore RanRandazzo
l'11 ottobre 2021
ECO-DECALOGO
di Maria Ivana Trevisani (Albissola, SV)
Io sono la Terra, pianeta tuo.
Al di fuori di me, non avrai altra Terra.
Non far di me surriscaldata serra.
Non coprirmi di sacchetti e pattumi.
Non soffocarmi di polveri e fumi.
Non bruciar le mie grandi foreste
Padrone non sei, ma passeggero turista.
Per i tuoi figli conservami intatta.
Ricorda che io non son "Usa e getta"!
Sono triste per come mi tratti,
perciò sciolgo
i miei ultimi ghiacci,
e silenziosamente,
piango.
TU RIFIUTO DEL MONDO
di Maria Grazia Calandrone (Milano)
Cosa si è messo – figlio – di traverso
nel tuo respiro, quale
crescita imperfetta
cova
nel tuo petto di rondine
il suo fossile nero – nero
– nero che sale
dalla terra svuotata
da una pioggia
acida, da bave
di diossina sulle ciliegie e i fichi
dell'albero che carica grandiosamente la raggiera sugli orti invisibilmente
malati: sono
in questa umiliazione naturale e pure
mi sono eretta perché avvenga
il normale sviluppo dei tuoi polmoni
figlio, che dormi prossimo a una torre di fumo.
Come il ronzio di fondo della morte nel corpo – nella mela
dell'alba ancora lucida di brina, la purezza
viene tolta al tuo volto
da una posa di cenere inorganica, sorda
molecola che non sublima
alla temperatura del mio pianto. Sembri
bianco e distorto, così deposto
nel tuo dormire – e sali
invece, acuminato e lieve
come un rimorso
sul corpo alto del Seminatore.
TI LEGHI
di Massimo D'Arcangelo (Siena)
Ti leghi al tronco. Seghe puntate contro
sbriciolano clorofilla—segmenti
di vita in forma di albero secolare.
Ti leghi al camion pieno di nasi piatti tondi
umidi occhi umani di esseri non umani
che soffrono come noi e sperano di resistere
a questo inferno di scosse elettriche, mani.
Ti leghi a tutto ciò che viene deturpato.
Ti leghi al bosco contro i cacciatori
speri questa follia di spari possa cessare.
Pace per gli uccelli, le lepri.
Pace finalmente per i cinghiali e i caprioli.
Pace come a dire fate silenzio
fuori c'è un mondo che chiede pace.
LAGER
di Salvatore Randazzo (Siracusa)
di Salvatore Randazzo (Siracusa)
Scacciate così
fuori porta le urla
le horla, danze macabre
non aprite quella porta
E sfilano le bestie
in fila per tornare
cosmica coscienza
in scatole d'acciaio
sott'o
l
i
o
LIBRI
di Maria Lucia Riccioli (Siracusa)
tronchi recisi
anelli interrotti
nel loro concentrico
circolare moto vitale
scuoiate cortecce
pasta
carta
pagine
caratteri immobili
cruda natura che si fa cultura crudele
ossari
di foreste recise
mi sono nutrita
disposti su nicchie
morte piante anche loro
se la loro linfa
attraverso me
rivive altrove
MARZO
di Elisabetta Tagliamonte (Torre del Greco, NA)
Ancora son fragile
pesa e la testa
sopporto e non più
del tempo il ticchettio
di me le rughe
di questo tutto la frivolezza.
Amaro amore, un cane
ti fissa e sai
non è sol ciò che vedi
la mimosa è nata per le strade
ma noi, siam morti
in questa stanza ormai
in cerca.
SETTEMBRE
di Salvatore Solarino (Catania)
Anche se non sembra vero a noi
che conosciamo altro tempo d’infanzia
trascorso in più autentiche stagioni
settembre è rimasto nella memoria inalterato,
ma non più come allora, porta estremità
adesso di pagine nere d’inchiostro stinto
di inintelligibili calligrafie, margini di foglie
svenate al macero delle piogge acide.
Mese rigeneratore di flore marine
per la sua attesa luce da sempre temprante
ai climi ora segna un tempo di cieli vaghi
adombrati da contaminate perturbazioni
che vengono su in fretta come le giovani generazioni
non più orientate dal puntuale passaggio
delle stagioni allo scoccare degli equinozi
se confusi da queste estati dilavate dai nubifragi
che trascinano la vita pervasa dalla sua luce mite
in gorghi improvvisi di detriti e fango.
FUNESTE MI APPAIONO
di Raimondo Raimondi (Caltanissetta)
Funeste mi appaiono
le purulente ferite
dell’antica civiltà
che il vento salino
urticante schiaffeggia
con sadica rabbia.
Da orbite vuote
diroccate muraglie
un tempo poderose
scrutano il mare
ridotte al silenzio
per l’incuria colpevole
per le promesse mancate
per il greve respiro
di esistenze trascorse
tra binari di giorni
offuscati da nebbie
gravide di tossine.
L’umido viscoso
che spezza le ossa
infiacchisce lo spirito
e annega la voglia di vivere
nell’acqua inquinata.
Tra cielo e terra
fumi d’industria
e intricate foreste
di ferro e di acciaio
serbatoi d’alto fusto
a perdita d’occhio
in un assurdo paesaggio
di morte annunciata.
PULIZIE AUTUNNALI
di Francesco Di Franco (Palermo)
Puoi dire guardando
senza ostentare voce
una parola in gara
pulisce la foglia che plana
si affanna una spiegazione
tra frontiere di nebbia
sul giallo sul rosso sbiadito
spazzola la pulizia di stagione
natura morta
un ramo d'autunno torna al traguardo
con i semi della resurrezione
TRINACRIA TRE POLI
di Pamela Nicolosi (Catania)
Trinacria
tre poli
tre angeli
tre fabbriche
tre scarichi
tre antenne
ciminiere
tra oasi
tra spiagge
bianchissime
veleni
silenzi
tremila ammalati
tremila morti
tremila ribelli inghiottiti dal fumo
dal cloro
dall’odio.
Trinacria
tre poli
tre nodi
tre angoli mancati
tre angoli del globo
tre specie estinte e tremila ali mozzate.
Trinacria
tre mari
tre approdi
tre chiuse e tre monti
sventrati
dimenticati
e tre strade crollate
tre madri
zittite
chiuse
scordate.
Trinacria e tre valli
tre chiese
tre piazze e tre abbissi
tre pesci morti sul mio palmo di mano
tre addii
tre lacrime e tre pugni di rabbia
tre schiaffi
e antenne
e fuochi
e i miei pugni sul tavolo.
Trinacria
tre nascite
tre donne
tre dee
e tre vittorie
sognate
la mia trinacria.
Trinacria e il suo angolo di globo mancato… il nostro.
NON SO PIÙ DOV'È LA MIA FERMATA
di Bruno Rullo (Torino)
Giro per il mondo
in una giostra che mi pare
ormai impazzita
viaggia contro senso
verso mete distruttive
risponde ai comandi
di gente senza scrupoli
e imbecille fino all’osso
Abusi e violazioni
discariche abusive
uranio impoverito
e diossina nella mozzarella
mi trafiggono la mente
Bombe atomiche
e scorie radioattive
centrali nucleari defoglianti e pesticidi
sottosviluppo e arretramento
conflitti bellici e produzione militare
esplosioni nucleari
e contaminazioni radioattive…
su questo tipo di arsenale
è adagiato il nostro culo
Il pianeta rischia di saltare
così la vita schiatta in via definitiva
un addio per sempre
senza altre alternative
È un mondo che non posso sopportare
la giostra gira all’impazzata
ho la nausea fino agli occhi
e lo stomaco in rivolta
vomito su tutto
mi sento proprio male
Qualcuno fermi questa giostra
perché io voglio proprio scendere
con questo tipo di merdaio
non ho niente da spartire
sì
fermiamo pure questo mondo
perché voglio proprio scendere
ma qualcuno per favore
mi indichi di nuovo
dov’è la mia fermata
Leggi il Manifesto Italiano di Ecopoesia
Un articolo su dioramaonline
Commenti
Posta un commento