ECOPOESIE - Collezione VI

ECOPOESIE - COLLEZIONE VI

Introduzione
Gli incontri di Roma (G20) e di Glasgow (Cop26) ci hanno ricordato quanto il tema ambientale sia divisivo e di difficile gestione. I potenti Stati Uniti d'America, giusto per fare un esempio, nel 1990 non vollero aderire al Protocollo di Kyoto pur essendo, in quegli anni, responsabili del 22,59% del totale delle emissioni di diossido di carbonio.
Ma cos'è il carbonio? Esiste una chimica prima e dopo di esso, come esiste una vita prima e dopo il carbonio sulla Terra. Eppure basta un semplice legame a dividere la buona cosa da quella che non lo è per la Terra stessa: unito all'ossigeno forma il diossido di carbonio, essenziale per la crescita delle piante; unito all'idrogeno forma gli idrocarburi, composti utilizzati dall'industria sotto forma di combustibili fossili. Questi sono compatti, facilmente trasportabili, costano relativamente poco, ma hanno per contro importanti svantaggi: sono inquinanti, il loro utilizzo determina un incremento della quantità di CO2 in atmosfera e non sono risorse rinnovabili. Ogni uomo porta in sé diversi chilogrammi di questo elemento.
Tornando al 2021, vi sono adesso altri importanti Paesi, Cina in primis, a ostacolare il percorso di risanamento ambientale.  Detto questo, quanto può valere il contributo individuale se i potenti della Terra continuano a fare i capricci? A quale risultato possiamo ambire, noi formichine operaie, se certi molossi tirano dritto esclusivamente per i loro affari? Chissà... Certamente, però, restiamo appesi alla speranza che Davide possa di nuovo (ab)battere Golia. E così sia.
Gli autori qui presenti, i quali Poetaretusei432 ringrazia, sono: Luca Campi, Maria Ivana Trevisani, Salvatore Randazzo, Salvatore Solarino, Michele Rametta, Peppe Rametta Giusirames, Salvatore Pizzo, Azzurra Lo Bello ed Elisabetta Tagliamonte.

Salvatore Randazzo
Elisabetta Tagliamonte
il 4 dicembre 2021


FUORISTRADA
di Luca Campi (Varese)

un candido pallore distende luce
sulle rive di basalto
dove scuri fiumi di cemento
partoriscono teste di pesce in rivoli di piombo
spacca la piazza una mezzeria di calce
non più spendibile visione
in passeggi noiosi  di recinti rattoppati
finché maioliche frantumate
sverseranno di blu
redolenti fanghi clandestini
non sarà gomma d'artiglio 
a condannare il futuro delle lumache
ma l'avvincente destino delle cupole di arenaria



SE CI SARÀ UN PARADISO
di Maria Ivana Trevisani (Albissola, SV)

Se ci sarà un Paradiso
gli animali ci saranno
perché sono stati martiri,
perché sono stati schiavi.

Se ci sarà un Paradiso
gli animali ci saranno e
nelle sterminate praterie del cielo,
potranno bere limpide acque
e riposare sotto fresche ombre.

Se ci sarà un Paradiso
gli animali ci saranno e
quelli che ci hanno amato,
-se lo vorranno-
ci avranno accanto.

Se ci sarà un Paradiso
gli animali ci saranno
perché loro l’inferno
lo hanno già vissuto.

Se ci sarà un Paradiso
gli animali ci saranno e
saranno i primi,
perché sono stati gli ultimi.

I veri ultimi…

     Se ci sarà un Paradiso…



FILI D’ERBA
di Salvatore Randazzo (Siracusa)

Frangono appena l’asfalto
marciando loschi fra i piedi
di viali e di marciapiedi,
lanciano, certo, un assalto:

fermi, puntando ad un cielo
volto di spalle a mostrare
riccioli d’oro e a donare
piccole gemme di gelo

scagliano sterili attacchi
spari che arrivano al mento
come aquiloni nel vento
tornano a terra più fiacchi.

Sta sulla terra la casa
- maschera sulla verdura
belletto che la snatura -
tragico tappo che intasa.



LA COLLINA
di Salvatore Solarino (Catania)

Grumo di terra impastato
con lo sputo di Dio
da cui sorse un grembo sussultante di fertili giardini
dove la paziente mano contadina
vi affondò il ferro ricurvo dell'aratro,
zona prominente del podere
che l'erede di un regno decaduto, un duca
percorreva a cavallo per stimarla
come terra, un giorno o l'altro, da svendere.
 
Arco insulare
di un vulcano emerso
dai mari dell'olocene,
familiare profilo
da cui possiamo riconoscere
il volto naturale della nostra isola.
 
Luogo prescelto dallo stratega
dove erigere un bastione di trincee
su cui caddero
in un'alba non lontana della storia
i richiamati alle armi.
 
Proseguendo
oltre una curva della stradella
ad un tratto
la vedo trasparire da impalpabili velami
e dare l'idea di un Eden dimenticato,
o di un'isola eterea, misteriosa
sospesa sulla pianura alluvionale
dove l'erba come un fluido
verde esonda.
 
Ancora intatta rimasta
più nel ricordo
che nel divenire di questo ricalcitrante progresso,
a precedere il promontorio, e civiltà
che gli antichi impressero
nei suoi fianchi di calcare.

Non del tutto sfigurata
dalla voracità meccanica degli escavatori
scivola sulla zolla continentale
attraverso l'attuale era geologica
per compiere l'ultimo viaggio
con quel che resta della sua mitica bellezza
prima di svanire per sempre tra getti di cemento.
 
Oh! gli sciami d'oro
sciolti dei suoi alveari divini per fiori di mirto
e d'arancio. Oh! gli uccelli solari
vorticanti dall'alba della creazione
che da qui ancora migrano

verso acque d'entroterra. Oh! le pietre arse
di remote eruzioni
sparse come orme di un'origine
che non possiamo ignorare
ma risalire dal fossile
che affiora dal taglio nella roccia.


QUESTO VIVERE
di Michele Rametta (Siracusa)

Gli occhi sono lo specchio dell’Anima 
e comprendi che è rabbuiata, vedendo tutto 
qurello che era bello, nella limpidezza del Creato, 
o nella trasparenza dell’amato mare. 
Ti accorgi che gli uccelli non volano più 
come prima e che i pesci hanno nello stomaco 
bianca plastica mortale e pure quando 
li mangi il sapore non è quello di allora 
e persino le api vanno morendo 
per i pesticidi a iosa e senza controllo 
che sono donati al nostro vivere che, 
ben volentieri ne farebbe a meno. 
Mi chiedo come uno stupido, quale destino 
stiamo confezionando per i nostri figli, 
quando i nostri occhi lagrimano, 
non sapendone il motivo e le salme 
sono sparse nei cimiteri senza onorata 
immediata sepoltura, quando prima 
dei defunti si parlava ancora per tanto tempo 
e adesso i morti sono spogliati dalle fatiche 
sostenute in vita per mostrare il proprio valore, 
per rotrovarsi adesso  nudi in questa terra, 
sperando d’essere sepolti alla meno peggio 
e non con la dignità che v’era prima.



*
Peppe Rametta Giusirames (Siracusa)

Manca il respiro in questo inferno
di cemento, manca il silenzio
che è violato dell'egoismo urbano.
Cala il sipario tossico sulle torri di vetro,
il verde sbiadisce ed a tratti sparisce
nel vuoto di un cimitero d'auto.
Alziamo lo sguardo e non distinguiamo
la luce del sole dal riflesso di un veleno
che domina l'aria. Liberiamoci da questa
prigione di scatole e tossine.



*
di Salvatore Pizzo (Siracusa)

Fiumi di asfalto mi dividono dal mio amore... asfalto che ella batte con pioggia incessante,
che toglie con raffiche di vento dove l’uomo
ha chiuso l’accesso dei fiumi al mare
costruendo santuari che a nulla servono
se sono allagati. Fiumi di asfalto e inutili
costruzioni di forma conica mi dividono
dal mio amore.



NATURALMENTE
di Azzurra Lo Bello (Siracusa)

In una realtà che fa paura 
Ci sei tu, con l'aria pura...
Ci sei tu con quei colori
Che donano, a tutto, dolci sapori...
È un incanto il tuo linguaggio 
Accanto a te tutto è un viaggio, 
Chiudo gli occhi a te vicina
Ed uno splendore mi si avvicina...
È un bel profumo il tuo saluto 
Una fragranza in cui ho creduto, 
Una fragranza che dona Amore 
Una poesia chiamata Fiore!!!


COME SI VIVE LA VITA?
di Elisabetta Tagliamonte (Torre del Greco, NA)

intanto la pioggia
inonda le case
le strade le piazze
le macchine invase 
il buco s'allarga
qualcuno s'ammala
si sciolgono i ghiacci
alle Alpi d'Italia 
è già qui dicembre 
stipati i cappotti
si mangia all'aperto
pandoro e lingotti
all'alba una specie
sparisce in sordina

{la vita continua}

il tempo furioso
scandisce le ore 
si vive una vita
e intanto si muore


(Foto di Elisabetta Tagliamonte)




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