Narra_Ti_Va?: Salvatore Sulsenti in "Cammino, perché correre mi siddia" (Cap. XX)


Salvatore Sulsenti, siciliano, 55 anni, della provincia di Ragusa con un presente da appassionato di ultra walking (ha anche camminato per 100 km da Firenze a Faenza) e di creazione di complementi di arredo, nella logica del km zero ha iniziato a mettere su carta tutte le sue "avventure" di sportivo e di uomo. Un libro in cerca di editore, testimonianza dei sui 15.000 chilometri, e più, un po' romanzo e un po' manuale tecnico. 
Salvatore sta progettando una camminata da Catania fin sull'Etna, 35 km circa di salita in un'unica tappa e in autosufficienza. Per camminare, ma anche per raccontare un nuovo capitolo della sua vita.
Salvatore ha anche scritto per Gino & Michele, patron dello Zelig, pubblicando su Anche le formiche...; ha inoltre scritto per il periodico satirico L'Apodittico con lo pseudonimo di Manu & Sasù. Per il web ha scritto per Ridigratis.com curando la rubrica Doccia Fredda e per Donnissima.it.


Cap. XX 200 km a piedi, 2016

Fabiola mi disse: “fai il giro Salvatore. Vai”. Ed il giro ho fatto, tornando a sorridere. 4 giorni dal 6 al 9 luglio del 2016. Ero ad un passo dal mollare tutto, molto vicino ad arrendermi e lasciare che la vita mi piovesse addosso, ormai stanco dal far conti e dal progettare da tempo un giro che non ha risorse se non la mia sola visione che andava fatto. Ricevo la telefonata inaspettata di Fabiola Caporalini, amica e sostenitrice ed anima vivace dell’Onlus Amiciper di Tolentino nelle Marche. Dopo pochi minuti di conversazione, Fabiola mi dice solo, con tono risoluto e deciso: “Fai il giro Salvatore. Vai!”. Dentro il cassetto del mio comodino, conservo gelosamente la raccolta di poesie regalatomi nel novembre del 1998 da Fabiola, donna di una profonda sensibilità che elargisce senza risparmiarsi, con questa dedica: “A Salvatore che possiede un dono speciale: quello di far sorridere gli altri”. Fabiola fa riferimento alla mia passione nello scrivere calembour e nonsense, che presentai alla redazione del Corriere di Macerata, occasione in cui la conobbi. A distanza di anni conservo l’unica copia rimasta di “Rovesciata Clessidra Purpurea”, la prima opera di Fabiola. Ho camminato per 11 ore al giorno di media, toccato tutti i 12 comuni della provincia di Ragusa percorrendo 200 km, certamente anche più perché per lunghi tratti si è interrotto il GPS da polso, 75 dei quali in un’unica tappa, l’ultima. La prima tappa, il 6 luglio, da Santa Croce Camerina ad Acate, transitando da Comiso e Vittoria è una tappa relativamente scorrevole e veloce. La seconda tappa, il 7 luglio, da Acate a Monterosso Almo è governata dalla sete e da più di 38° percorsi senza ombra e su asfalto. Ho camminato per alcune decine di chilometri di questo giro di Ragusa con una riserva idrica costituita da 3 bottigliette d’acqua da mezzo litro, dimostratesi assolutamente insufficienti, ma a pensarci bene non potevano essere di più per via del peso. Ho sofferto la sete per diverse ore sotto un sole impietoso e senza un albero gentile che mi offrisse la sua chioma. A Chiaramonte Gulfi, a 14 chilometri da Monterosso Almo, sono entrato in un albergo, quasi una cattedrale nel deserto almeno per me, e mi sono diretto verso la sala da pranzo attratto dal vocio del personale di sala che si apprestava al pranzo prima del loro inizio turno. Ho chiesto dell’acqua e la possibilità di riposare su una sedia per alcuni minuti. Mi è stata data una fresca bottiglia d’acqua e mi è stata indicata una poltroncina in veranda. Ho bevuto subito metà del contenuto della bottiglia, riversando l’atra metà nelle borracce che ho con me. La strada è ancora tanta e devo andare, mi rinfresco in toilette. Sono pronto a riprendere il mio cammino, che sempre più assume la valenza di metafora della mia vita, la sete sembra lontana. Chiedo di pagare la bottiglia d’acqua: non serve, vada pure, gliela offriamo noi. Ringrazio commosso dalla gentilezza, ma non sorpreso della generosità e mi metto in cammino. Il sole torrido mi riporta subito in terra e mi ricorda che ho davanti a me 14 chilometri con 38 gradi di media. La mia scorta d’acqua finisce prima del previsto e comincio a rallentare il passo. La strada sembra non finire, i tornanti si succedono e quasi nessuna auto da poter fermare per chiedere dell’acqua. Nemmeno delle case a cui bussare. La sete prende il sopravvento ed una inusuale solitudine mi affianca. Non demordo e decido di ascoltare della musica per distrarmi senza riuscire efficacemente nell’intento. Arrivo a Monterosso Almo ed un bar all’ingresso del paese prima ed una fonte a 200 metri tornano a farmi sorridere al finire di questa tappa. È l’8 luglio, lascio Monterosso Almo, è tutto ancora coperto di buio anche se non è lontana l’alba della mia terza tappa, nessun bar aperto. Dopo quasi 7 chilometri trovo il centro abitato di Giarratana, il sole comincia già a farsi sentire, cerco dove poter fare colazione e trovo all’uscita del paese un piccolo bar all’interno di una stazione di servizio gestito da un coppia anziana. Marito al banco e moglie in laboratorio. Incuriositi dal mio progetto di cammino mi incoraggiano e mi offrono la colazione, con gli occhi lucidi. Sono diretto a Modica, lascio Giarratana, e proseguo verso Ragusa. Sempre la sete e l’asfalto i miei fedeli compagni di tappa. Non mollo, non cedo a me stesso e vado avanti a dispetto di quello che sentono le mie gambe e la mia testa. A 18 chilometri dalla conclusione della mia terza tappa, a Modica, incrocio per caso Daniele che procedeva in senso contrario con la sua auto. Lo fermo con decisione, saluto frettolosamente e chiedo subito dell’acqua. Nei giorni del mio tour ibleo mi sono trasformato in cronista sportivo “on the road”. Daniele, mio amico e speaker radiofonico regionale, che conduce una trasmissione alla radio, dal lunedì al sabato e dalle 9 alle 11, mi chiama ogni giorno del giro alle 10 e mi fa una piccola intervista telefonica che passa in diretta alla radio. Faccio una cronaca “a caldo” sul momento che vivo per strada affrontando questi chilometri in totale autogestione e puntando l’accento sulle mie sensazioni dell’istante. Sono al 9 luglio ed è l’ultimo tassello a questo progetto. Parto alle 5,30 da Modica puntando ad Ispica, Pozzallo, Scicli (la parte costiera), Marina di Ragusa e Santa Croce Camerina, l’arrivo. A Donnalucata, frazione turistica di Scicli, ormai a 17 chilometri circa da casa, mentre bevo ad una fontana, fra le poche rimaste in giro in paese, una signora mi chiama e mi chiede se io fossi quello che sta girando per tutta la provincia di Ragusa, sei Sulsenti vero? Oggi ho camminato per quasi 19 ore con lo zaino in spalla ed un capiente marsupio. Arrivo davanti la porta di casa alle 23,50 avendo fatto 105 minuti di soste totali. Ecco, il giro è finito. Niente affatto. I numeri sono comodi e non si prestano ad interpretazioni o fraintendimenti. I numeri sanno mantenere un segreto, ma hanno un anima sterile e triste. I numeri non narrano della mia paura, della tristezza e della mia solitudine durante questo giro. Questo giro non finisce con i numeri, con il racconto della realtà ma torna a nuova vita rammentando gli sguardi di chi ho incontrato, ahimè anche di chi mi ha insultato, di chi mi ha salutato, di chi mi ha seguito, in tanti, e di chi mi ha voluto bene. Decine di storie incontrate ed interpretate da uomini e donne che incontravo per la prima volta. Ho vissuto quattro giorni di camminata con zaino e marsupio, ormai divenuto una sorta di tasca di Eta Beta. Questo giro di Ragusa è nato dopo il progetto del fratello maggiore il “Giro di Sicilia”, mai partito in assenza di sponsor che mi consentissero di compiere il periplo della Sicilia. Il mio non è stato un cammino ma una pellegrinaggio verso una vita, se non completamente nuova, senz’altro diversa.


(E. Tagliamonte legge Salvatore Sulsenti)



[a cura di Salvatore Randazzo]

Commenti

Post più popolari